Diversi farmaci possono causare dipendenza, una condizione che progressivamente porta all’assunzione compulsiva di queste sostanze, tra cui si ricordano le benzodiazepine, dall’azione ansiolitica, gli oppioidi, utilizzati come analgesici, e gli psicostimolanti. Poiché questi medicinali, così come certe sostanze assunte senza prescrizione medica ma biologicamente attive, quali caffeina, nicotina, etanolo, sono in grado di determinare una sensazione di piacere in chi li assume, la loro ricerca diventa una necessità, che può manifestarsi con reazioni avverse anche molto gravi.
La dipendenza indotta da farmaci prescritti per il trattamento di stati patologici è un fenomeno reversibile, che si interrompe con la sospensione graduale della terapia. Nell’abuso di sostanze la condizione di dipendenza diventa cronica con possibili ricadute alla cessazione dell’assunzione.
I farmaci che provocano dipendenza attivano la cosiddetta via della gratificazione a livello centrale, che vede il coinvolgimento di differenti meccanismi biologici a cui prendono parte neurotrasmettitori e mediatori chimici. La conseguenza è una sensazione di ricompensa e di benessere. Per lo sviluppo di dipendenze sembra inoltre essere possibile una predisposizione familiare, ma i geni implicati non sono ancora stati identificati.
Ciò che accomuna le varie classi di farmaci psicoattivi, dalle già citate benzodiazepine ai barbiturici, è l’appagamento da essi provocato, che può indurre all’autosomministrazione spontanea. A questo si aggiungono processi adattativi o di assuefazione dovuti alla somministrazione reiterata.
L’assunzione di medicinali senza controllo medico e di sostanze da abuso ha conseguenze negative sulla qualità di vita del soggetto che ne diventa dipendente, dal momento che il desiderio dell’effetto edonistico risulta dominante su qualsiasi altro bisogno e la sostanza stessa è responsabile di danni diretti sull’organismo.
Lo stato di dipendenza, sia fisica che psicologica, è spesso accompagnato dalla tolleranza, ossia dalla riduzione della risposta a seguito di somministrazioni ripetute del farmaco, che porta ad assumerne quantità sempre maggiori.
L’espressione “sindrome da astinenza” si riferisce agli effetti avversi sulla psiche e sul fisico che si verificano per giorni o, in alcuni casi, settimane dopo l’interruzione dell’assunzione del farmaco.
Gli approcci farmacologici per trattare la dipendenza da sostanze sono molteplici. Nella dipendenza da tabacco, per esempio, il farmaco di scelta è la nicotina, somministrata in forma di cerotti o gomme da masticare, consigliata insieme alla terapia comportamentale.
Il soggetto dipendente da alcol può ricevere un trattamento con benzodiazepine a lunga durata d’azione per ridurre i sintomi dell’astinenza e i rischio di convulsioni, decrementandone gradualmente la dose in modo da evitarne l’abuso. L’acamprosato si utilizza per circa un anno per ridurre l’astinenza, senza che la sua assunzione provochi effetti collaterali rilevanti. Per rendere spiacevole il consumo di alcol si usa il disulfiram. Affianca i trattamenti farmacologici la terapia comportamentale.
Nel caso della dipendenza da oppioidi si utilizzano soprattutto metadone e buprenorfina per via orale e sublinguale, che possono sostituirsi anche agli analgesici narcotici iniettivi. Il naltrexone è caratterizzato da una lunga durata d’azione e previene le ricadute nei tossicodipendenti liberi da oppioidi da almeno una settimana. Per ridurre il forte desiderio della sostanza nella fase di disassuefazione si ricorre a clonidina e lofexidina.