Indipendentemente dalle abitudini di vita, dallo scorso marzo ci ritroviamo tutti, chi più chi meno, ad affrontare un momento storico fortemente stressante. Le droghe definite adattogene possono dare una mano all’organismo per meglio contrastare i fattori di stress, sostenendo fisico e psiche nel fronteggiare carichi di lavoro straordinari. Le piante adattogene aumentano in maniera aspecifica la resistenza con un effetto duraturo, a differenza di altre sostanze di origine naturale contenute per esempio in caffè, tè, guaranà, cacao, che stimolano il sistema nervoso centrale migliorando le performance nell’arco di alcuni minuti ma con un’azione limitata nel tempo.
La droga adattogena più conosciuta ed utilizzata è il ginseng, ma pure l’eleuterococco trova largo impiego e i suoi estratti rientrano spesso tra gli ingredienti funzionali di integratori e rimedi erboristici volti a ridurre l’astenia. Il ginseng, originario della Cina e coltivato anche nel sud-est asiatico, in Giappone e negli Stati Uniti, è utilizzato da più di 2000 anni dalla medicina cinese. Il nome scientifico del genere a cui appartiene, panax, deriva dal greco e significa panacea, a suggerire come questa pianta sia tradizionalmente considerata il “rimedio di tutti i mali”; il nome della specie, ginseng, origina invece dalla lingua cinese e si può tradurre come “pianta uomo”, per la forma che assume la radice.
Il ginseng migliora le prestazioni cognitive rivelandosi utile nei periodi di studio intenso o per coloro che svolgono lavori intellettuali; aumenta la tolleranza allo stress anche fisico e può essere utilizzato con successo dagli individui affetti da stanchezza cronica; ha un’azione antidepressiva e immunostimolante. Può essere d’aiuto per gli sportivi poiché, oltre ad aumentare la resistenza alla fatica, promuove il metabolismo dei carboidrati e diminuisce la produzione di acido lattico nel tessuto muscolare sotto sforzo.
Ad alte dosi e per lunghi periodi di trattamento il ginseng può però provocare irritabilità, disturbi del sonno, tremori agli arti. Da evitare l’impiego nelle donne in gravidanza a causa del potenziale effetto teratogeno, cioè della capacità di indurre malformazioni embrionali. È sconsigliato anche nei pazienti ipertesi, nell’età pediatrica e durante l’allattamento per la caratteristica di incrementare la sintesi di ormoni steroidei; per lo stesso motivo la somministrazione andrebbe interrotta in caso di terapie con cortisonici o estrogeni. Non va assunto in contemporanea con antidepressivi triciclici, di cui ridurrebbe l’effetto, digossina, di cui aumenterebbe i livelli ematici, warfarin, di cui potenzierebbe l’azione anticoagulante, e farmaci per il diabete, di cui incrementerebbe l’effetto.
L’eleuterococco, chiamato anche ginseng siberiano, cresce in Russia orientale, Cina, Corea, Giappone. Condivide con il ginseng le proprietà toniche, stimolanti ed ipoglicemizzanti. L’effetto immunostimolante può essere sfruttato per la prevenzione delle infezioni respiratorie e per ridurre i tempi di recupero in caso di malattia. Come il ginseng, può essere causa di un sonno disturbato, nervosismo, tremori, tachicardia, ossia aumento della frequenza cardiaca, e tachipnea, aumento della frequenza respiratoria. Può aumentare i livelli sierici della digossina, ma non sono note altre interazioni farmacologiche. L’eleuterococco è sconsigliato durante la gestazione e l’allattamento.