Il tema dei vaccini è molto attuale e sentito, sia per la risonanza mediatica avuta dal movimento no-vax, sia per la speranza riposta nella possibilità di una misura preventiva contro il coronavirus. La parola è sulla bocca di tutti, ma quanti sanno veramente cosa si intenda per vaccinoprofilassi? Si tratta di una modalità di prevenzione delle malattie da infezione. Conferisce resistenza nei confronti di singoli agenti infettivi e si attua somministrando un vaccino, un preparato biologico che stimola in modo specifico il sistema immunitario, conferendo una difesa protratta nel tempo verso una determinata malattia infettiva. L’immunità data dai vaccini è simile a quella sviluppata a seguito di un’infezione naturale e inizia ad essere efficiente dopo un periodo di circa tre settimane. La durata della protezione varia a seconda del tipo di vaccino. Riducendo il numero di individui recettivi a una data infezione, vengono rimosse le condizioni che consentono la diffusione della malattia nella popolazione. Quando si parla di immunità di gregge ci si riferisce alla protezione della collettività derivante dalla ridotta circolazione dell’infezione nella popolazione vaccinata. Infatti, l’immunità di alcuni individui protegge dall’infezione anche i non immuni.
Esistono tre tipologie di vaccini. Quelli in grado di replicarsi contengono virus o batteri che conservano la capacità di moltiplicarsi, stimolando le difese immunitarie senza provocare la malattia. I vaccini non in grado di replicarsi comprendono a loro volta i vaccini inattivati, costituiti da microrganismi che hanno perso l’infettività e la capacità di riprodursi, i vaccini a componenti, formati da elementi microbici, e le anatossine o tossoidi, che perdono tossicità a seguito di trattamenti chimico-fisici, pur mantenendo la capacità di attivare il sistema immunitario. Infine, si citano i vaccini innovativi, per esempio a base di frammenti proteici di sintesi dal potere immunogeno.
Se il vaccino è in grado di replicarsi, dopo il primo inoculo il microrganismo si riproduce rapidamente, inducendo la sintesi di una grande quantità di anticorpi. Questi vaccini hanno lo svantaggio di non poter essere somministrati ai soggetti immunodepressi, a differenza dei vaccini non in grado di replicarsi. Nel caso in cui questi ultimi vengano inoculati, il microrganismo non può riprodursi e, dopo il primo inoculo, la risposta anticorpale è modesta. Per assicurare la produzione di una quantità sufficiente di anticorpi sono quindi necessarie ulteriori somministrazioni.
Un vaccino è costituito da uno o più antigeni immunizzanti: si avranno quindi vaccini monovalenti oppure polivalenti. Nella formulazione sono in genere presenti un liquido di sospensione, conservanti, stabilizzanti, antibiotici e adiuvanti, vale a dire sostanze in grado di aumentare la risposta immune nei confronti dell’antigene. Un vaccino può essere somministrato per via muscolare, sottocutanea, intradermica, percutanea, orale e intranasale. Le reazioni indesiderate comprendono gonfiore, dolore, irritazione nella sede di iniezione, febbre transitoria, reazioni allergiche e neurologiche, fortunatamente piuttosto rare. Vi possono essere controindicazioni temporanee alle vaccinazioni, come la presenza di malattie acute febbrili o altre malattie giudicate clinicamente rilevanti. Alcune controindicazioni, temporanee o permanenti, sono legate a condizioni di immunodepressione, congenita oppure secondaria a patologie o a terapie farmacologiche, a un eventuale stato di gravidanza o a un’allergia a componenti del vaccino.