Secondo un’analisi condotta nell’ambito dello studio prospettico di coorte Nutrinet Santé, una famiglia di additivi alimentari ampiamente utilizzata nell’industria alimentare, gli emulsionanti, sarebbe associata a un aumentato rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Tali additivi, impiegati per migliorare la consistenza, il colore e il gusto dei cibi processati, si trovano in numerosi prodotti ultra-processati come cioccolato, prodotti da forno, biscotti, gelati, maionese, salse e olii.
Emulsionanti sotto accusa, nonostante siano considerati sicuri dalle autorità sanitarie
Lo studio, pubblicato su The Lancet Diabete & Endocrinology, ha analizzato i dati di oltre 104 mila adulti arruolati dal 2009 al 2023, ai quali è stato chiesto di compilare registri dietetici di 24 ore ogni 6 mesi, con l’obiettivo di valutare l’esposizione agli emulsionanti. Durante il follow up di 6-8 anni, l’1% del campione ha sviluppato il diabete di tipo 2. Tra i 61 additivi identificati, sette emulsionanti sono stati associati all’aumento del rischio di diabete: E407 (carragenine totali), E340 (esteri di poliglicerolo di acido ricerolo), E472e (esteri di acidi grassi), E331 (citrato di sodio), E412 (gomma di guar), E414 (gomma arabica), E415 (gomma di xantano), oltre a un gruppo chiamato “carragenine”.
Consumo di cibi ultra-processati e livelli di assunzione giornaliera
Angelo Avogaro, docente e presidente della Società italiana di diabetologia (Sid), ha sottolineato l’importanza dello studio per i diabetologi, evidenziando la necessità di limitare il consumo di cibi ultra-processati, prestare maggiore attenzione alle etichette e richiedere una regolamentazione più stringente per proteggere i consumatori. Raffaella Buzzetti, docente e presidente eletto Sid, suggerisce che potrebbe essere necessario rivedere i livelli giornalieri di assunzione (Ada) degli emulsionanti, considerando le alterazioni del microbiota intestinale e il preoccupante aumento del diabete di tipo 2 anche tra bambini e adolescenti. Il meccanismo alla base dell’associazione sembra coinvolgere l’infiammazione intestinale e l’alterazione del microbiota, che porterebbero a infiammazione cronica, sindrome metabolica, alterazione della segnalazione dell’insulina e, infine, allo sviluppo del diabete di tipo 2.