L’ecoterapia, la terapia della natura o pratica giapponese dello Shinrin-Yoku (“bagno nella foresta”), è una moda, una trovata di marketing? Oppure è un qualcosa di scientificamente provato e praticabile? Quante volte capita di dire “Esco a prendermi una boccata d’aria” oppure ci si sorprende a contemplare un tramonto per il semplice piacere di farlo? È già sufficiente la nostra esperienza personale a dimostrare come uscire all’aria aperta, a contatto con la natura, migliori il nostro benessere fisico e mentale. Nelle culture occidentali e in quelle orientali gli elementi naturali sono stati considerati diversamente nel corso dell’evoluzione, passando dalla sacralità della natura all’ecocentrismo e all’antropocentrismo.
L’introduzione della tecnologia, l’urbanizzazione e la digitalizzazione delle nostre vite, entro il perimetro mobile della globalizzazione, hanno ridotto progressivamente i contatti con la natura. L’ecoterapia intende ristabilire questi legami perché estremamente positivi per la salute dell’uomo. L’orticoltura urbana e quella terapeutica, l’assistenza agli animali, la conservazione della flora e della fauna sono solo alcuni degli approcci basati sull’ecosistema e utilizzati dall’ecoterpia. Le sue tecniche si sono dimostrate efficaci in caso di ipertensione, obesità, riabilitazione post-chirurigica, depressione, stress, disturbi post traumatici da stress, disturbi da deficit dell’attenzione e dell’adattamento. Talvolta teorie e pratiche dell’ecoterapia completano programmi di psicoterapia per migliorarne l’efficacia.
Uno studio sull’ecoterapia pubblicato da Frontiers in Public Health ricorda come al diffondersi dell’urbanizzazione sia corrisposto un aumento dei casi di disturbi mentali su scala mondiale. Tendenza ricollegabile a una minore esposizione alla natura, producendo cambiamenti nel funzionamento psicologico. Viceversa, studi paralleli hanno dimostrato come il contatto con la natura migliori vari aspetti psicofisici dell’uomo. Nel 2018 si è arrivati a una metanalisi ricognitiva dei risultati prodotti da 143 studi sull’argomento. Eccone alcuni: l’inscindibile associazione tra una maggiore esposizione agli spazi verdi e una riduzione del cortisolo (ormone dello stress) nella saliva; diminuzione del battito cardiaco e della pressione sanguigna; riduzione del colesterolo cattivo; diminuzione di parti prematuri; riduzione del diabete di tipo 2 e, più in generale, abbassamento del rischio di mortalità.
Persino l’incidenza di ictus, asma e malattia coronarica è diminuita. Una maggiore esposizione alla luce solare, inoltre, favorisce la produzione di vitamina D, fondamentale per ossa e muscoli forti, per il sistema immunitario e per il benessere mentale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce che “gli spazi verdi urbani, come parchi, parchi giochi e vegetazione residenziale, possono promuovere la salute mentale e fisica e ridurre la morbilità e la mortalità nei residenti urbani fornendo relax psicologico e alleviando lo stress, stimolando la coesione sociale, sostenendo l’attività fisica e riducendo l’esposizione agli inquinanti atmosferici, al rumore e al calore estremo”.
In un percorso di cure psicoterapeutiche bisognerebbe essere sempre seguiti da un professionista, e questo vale anche in ambito di ecoterapia. Tuttavia, ognuno di noi può sperimentare e raccogliere i benefici della natura (magari iniziando a farci caso, agli elementi della natura che ci circondano). Su Forbes – Health, Sarah Hays Coomer fa notare come camminare, leggere, fare giardinaggio, fare una grigliata all’aperto, meditare, fare stretching siano tutte attività fattibili anche solo per 10 – 20 minuti per trarne molti vantaggi. Per chi può fare un lavoro d’ufficio in smart working, durante la bella stagione potrebbe approfittare di spazi all’aperto per svolgere almeno in parte la propria attività. Secondo la ricerca pubblicata su Frontiers in Psychology il lavoro all’aperto è associato a “un senso di benessere, recupero, autonomia, miglioramento dell’attività cognitiva, miglioramento della comunicazione e delle relazioni sociali”.
Coloro i quali sono impossibilitati ad uscire (per malattia, disabilità, problemi di sicurezza o impegni lavorativi/famigliari) possono comunque interfacciarsi con la natura. In che modo? È stato dimostrato come l’ascolto di suoni naturali, come il canto degli uccelli, il sibilare del vento, lo scroscio dell’acqua corrente, possano migliorare l’umore e le prestazioni cognitive, oltre a ridurre i livelli di stress percepiti. Persino guardare un albero dalla finestra, avere cura di una pianta d’appartamento, visualizzare spazi verdi può contribuire al benessere psicofisico di una persona, molto più che il non farlo affatto.