Il consumo di caffè è da anni al centro del dibattito scientifico, dal quale sono emersi pro e contro più volte smentiti e rivisti. Dopo tante teorie e contro-teorie diffuse negli anni, oggi gli esperti ritengono che i benefici e i rischi di questa bevanda dipendono essenzialmente dalla quantità consumata giornalmente. Una ricerca pubblicata sul New England Journal of medicine ha fissato nell’ordine delle quattro-cinque tazzine quotidiane la massima dose da cui si traggono benefici senza incorrere nei rischi derivanti dall’abuso di caffeina e altre sostanze presenti nel caffè. Un parametro da considerarsi valido, però, solo per soggetti sani. «Ricco di antiossidanti – sostengono gli esperti della Fondazione Veronesi – oltre che in grado di stimolare il sistema nervoso centrale, il caffè può essere consumato nella quantità di quattro-cinque tazzine al giorno. In tal modo, infatti, difficilmente si supererà un apporto di 400 milligrammi di caffeina, ritenuto sicuro per gli adulti sani sulla base delle evidenze disponibili».
Quando è meglio ridurre il consumo di caffè.
Le prime condizioni che richiedono una riduzione drastica dell’assunzione di caffeina sono la gravidanza e l’allattamento, perché è bene non far pervenire tale sostanza al nascituro o al neonato.
Occorre poi limitare il consumo di caffè se si stanno assumendo alcune categorie di farmaci, come spiegano gli specialisti della Fondazione Veronesi: «In coloro che assumono una serie di farmaci, come broncodilatatori, antibiotici chinolonici, antidepressivi e antipertensivi, la caffeina rischia di rimanere in circolo per un tempo superiore e di interferire con il metabolismo di alcune di queste molecole. Ragion per cui, se in terapia, può essere indicato un consumo leggermente inferiore di caffè e di tutti gli alimenti contenenti caffeina». Va poi ricordato che la caffeina ha effetti sul sistema nervoso centrale, stimolando l’attenzione da un lato ma interferendo con il riposo dall’altro. È quindi sempre opportuno non eccedere con il consumo di caffè nelle ore serali o quando si ha bisogno di riposare.
Smentiti gli effetti dannosi sul cuore.
Quanto ai tanto temuti effetti sul cuore, secondo studi specifici degli epidemiologi e dei nutrizionisti delle scuole di salute pubblica delle università di Singapore e di Harvard, ripresi dalla Fondazione Veronesi, «nel breve termine la caffeina può far aumentare i livelli della pressione sanguigna. Mantenendo i consumi regolari, però, nel tempo l’organismo sviluppa una forma di tolleranza che pone i consumatori più assidui al riparo dal rischio di sviluppare l’ipertensione a causa del caffè. A smorzare l’effetto sulla pressione sanguigna, anche tra coloro che partono già ipertesi, potrebbe essere l’acido clorogenico contenuto nella bevanda. Ragion per cui non ci sono evidenze per caldeggiare il divieto di bere caffè se si tende ad avere la pressione alta. Il consumo di caffè non sembra infine aumentare il rischio di ammalarsi di fibrillazione atriale, di sviluppare una malattia delle coronarie o un ictus cerebrale».