Le benzodiazepine rappresentano la classe principale e maggiormente prescritta di farmaci ansiolitici ed ipnoinducenti. Oltre ad essere impiegate per trattare gli stati ansiosi e diminuire il tempo necessario per l’addormentamento, sono anche usate per ridurre il tono muscolare, nell’esecuzione di esami diagnostici invasivi e nella medicazione preanestetica, come anticonvulsivanti. Si tratta quindi di medicinali il cui utilizzo è estremamente diffuso, acquistabili dietro presentazione di ricetta medica ripetibile fino a tre volte nell’arco dei trenta giorni di validità a partire dalla data di redazione. La particolare prescrizione è dovuta al fatto che questi medicinali sono tutt’altro che privi di effetti collaterali e non è infrequente il loro abuso.
Le benzodiazepine possono determinare una condizione di sedazione eccessiva, in particolare quelle a più lunga durata d’azione assunte come ipnotici, provocando il cosiddetto hangover diurno, con sensazione di ottundimento anche a distanza di ore dal risveglio. Le benzodiazepine a breve durata d’azione assunte come ipnotici possono invece causare insonnia da rebound come effetto della dipendenza sviluppata nei loro confronti.
Alla sospensione del trattamento si verifica un’intensificazione non solo dei disturbi del sonno, ma anche dello stato d’ansia e dell’irritabilità, accompagnati talvolta da tremori e vertigini. La crisi di astinenza si instaura tanto più velocemente quanto più rapida è l’azione e l’eliminazione del farmaco, motivi per cui la sospensione della terapia deve avvenire in maniera graduale. Le benzodiazepine provocano anche tolleranza, si assiste cioè a una progressiva riduzione dell’efficacia come risposta di adattamento dell’organismo alla terapia cronica, tale per cui sia necessario un aumento della dose per produrre lo stesso effetto.
Altri effetti indesiderati comuni sono uno stato confusionale, la riduzione delle performance psicomotorie, disorientamento. Si può osservare un peggioramento dell’attenzione, dell’apprendimento, delle capacità mnestiche. Dosi elevate provocano sonno profondo, ipotensione, ipotermia, disartria, ossia difficoltà nell’articolazione delle parole.
In caso di sovradosaggio e assunzione contemporanea di altri depressori del sistema nervoso centrale, come l’alcol, le benzodiazepine possono indure una severa depressione respiratoria. Nel paziente anziano anche alle dosi terapeutiche si possono manifestare vertigini, atassia, cioè mancanza di coordinazione dei movimenti muscolari volontari, allucinazioni.
Come alternativa alle benzodiazepine, nell’ansia lieve si può ricorrere a rimedi naturali, per esempio integratori a base di melissa, biancospino, passiflora, tiglio, lavanda. Per l’insonnia transitoria, il medico può prescrivere un ipnotico per alcuni giorni. Nell’insonnia cronica, di durata superiore a quattro settimane, è preferibile intervenire con un antidepressivo. In ogni caso, per prevenire l’instaurarsi di una dipendenza è meglio utilizzare i farmaci ipnoinducenti per il minor tempo possibile, alla minor dose.
È essenziale che l’ipnotico rispetti il ciclo fisiologico del sonno, caratterizzato dall’alternanza di fasi Rem, con rapidi movimenti degli occhi e intensa attività onirica, e sonno profondo, indispensabile per l’effetto ristoratore. Le benzodiazepine facilitano l’addormentamento, ma accorciano la durata di entrambe le fasi, anche se la quantità totale di sonno non risulta ridotta. Se l’insonnia è passeggera, si possono assumere sedativi naturali a base di melatonina, valeriana, luppolo, camomilla. Per l’insonnia cronica, su parere del medico si può assumere lo zolpidem, che non altera la struttura del sonno né causa alterazioni psicomotorie e per il quale non sono descritte tolleranza e dipendenza.