Nel caso in cui la pressione arteriosa risulti costantemente superiore al valore massimo di 140 mmHg, che si legge “millimetri di mercurio” ed è l’unità di misura utilizzata in medicina per la pressione, e di 80-85 mmHg per il valore minimo, si parla di ipertensione. Nel 90% dei casi le cause della pressione alta sono ignote e l’ipertensione è definita essenziale. Il restante 10% comprende i casi di ipertensione secondaria, che deriva cioè da un’altra patologia. Per fare rientrare i valori della pressione nell’intervallo ottimale di 130/80 mmHg, il primo approccio consiste nell’adozione di misure dietetiche che prevedano un calo dell’apporto di sodio e in modificazioni dello stile di vita, escludendo fumo e alcol e praticando una costante attività fisica. Se questi cambiamenti non fossero sufficienti a tenere la pressione sotto controllo, si fa ricorso alla terapia farmacologica.
La pressione è regolata da reazioni fisiologiche che mantengono entro i giusti limiti il volume del sangue, la forza e la frequenza di contrazione cardiache, il diametro dei vasi arteriosi. In questi meccanismi regolatori sono coinvolti non soltanto cuore e vasi sanguigni, ma anche sistema nervoso, reni e ghiandole surrenali. I farmaci antipertensivi sono molteplici e si basano su meccanismi diversi a seconda del punto d’azione.
I beta-bloccanti annullano gli effetti dell’adrenalina, un neurotrasmettitore implicato nell’aumento pressorio attraverso la stimolazione dell’attività cardiaca e l’induzione della vasocostrizione. Trovano impiego anche in caso di angina pectoris, una malattia coronarica che si manifesta con dolore al petto; aritmie, vale a dire alterazioni del ritmo cardiaco; scompenso cardiaco, una condizione in cui il cuore non riesce a pompare una quantità di sangue adeguata alle richieste dell’organismo. I beta-bloccanti sono da evitare nei soggetti asmatici e diabetici ipertesi, in quanto potrebbero esacerbare crisi di broncospasmo o aggravare l’ipoglicemia quando viene assunta insulina. Tra gli effetti collaterali, si ricordano sedazione, depressione, incubi notturni. Sono inoltre da tenere monitorati i livelli ematici di colesterolo. I diuretici consentono di abbassare la pressione favorendo l’eliminazione di sali e di acqua a livello renale, riducendo così sia il volume di sangue circolante che la concentrazione di sodio. Nelle forme lievi di ipertensione possono essere usati in monoterapia; in caso di ipertensione grave, può invece risultare utile l’associazione con un antipertensivo che abbia un diverso meccanismo d’azione. Tra i principali effetti indesiderati si segnala l’ipopotassiemia, una riduzione dei normali livelli plasmatici di potassio che, soprattutto se il paziente è cardiopatico, può aumentare il rischio di aritmie.
Anche gli Ace-inibitori agiscono a livello renale, bloccando l’attività dell’enzima di conversione dell’angiotensina o Ace, necessario per la sintesi delle angiotensine II e III, molecole dall’effetto vasocostrittore. Sono farmaci di prima scelta nell’ipertensione, ma risultano utili pure nel trattamento della cardiopatia ischemica e dello scompenso cardiaco. Sono controindicati in gravidanza e tra gli effetti collaterali comprendono tosse secca persistente e angioedema, che consiste nel gonfiore di cute, mucose e tessuti sottocutanei. Infine, si citano i sartani, che interferiscono con l’attività vasocostrittrice delle angiotensine, e i calcio-antagonisti, che devono il nome alla capacità di impedire l’accesso del calcio alle cellule muscolari cardiache, evento essenziale per la loro contrazione, determinando in questo modo una dilatazione dei vasi sanguigni.